Rosa Maria Govoni
La danza, disciplina artistica fra le più antiche, viene qui considerata come linguaggio poetico del corpo, attraverso cui l’essere umano esprime aspetti profondi di sè. Da questo punto di vista essa risponde ad un bisogno profondo dell’uomo di dare forma a tensioni e spinte psichiche, spirituali, relazionali oltre che a quelle biologiche, a vissuti profondi iscritti nella memoria corporea, che cosi diventano comprensibili e riconoscibili. Dice M. Milner nel suo diario: “Cercai poi di esaminare altri aspetti della concentrazione corporea interna. Per esempio, ricordai quella che era stata per me la prima esperienza di una nuova modalità di rapporto con il proprio corpo in movimento, non solo il movimento della mano e del braccio nella pittura, ma di tutto il corpo – nella danza… Perché non si può danzare sempre? Si può, dice la voce interna. Uno può fare qualunque cosa danzando, se solo si ricorda di farlo… Si potrebbe farlo in segreto, non c’è bisogno di esibirsi”.
La danza è quindi un potente strumento di consapevolezza ma anche di rappresentazione, di comunicazione, di trasformazione, di possibilità di maggiore integrazione; per questi motivi può essere un mezzo prezioso in campo psicoterapeutico.
La Danza-Movimento Terapia in fatti si definisce come una psicoterapia che usa il movimento come mezzo espressivo e comunicativo, come un processo che facilita l’integrazione psicofisica dell’individuo.
Debra Mac Call (1994) ci ricorda che è come un “servizio agli Dei della Danza” e che gli aspetti poetici, la disciplina estetica, la forma, il rigore, la bellezza, l’estasi che il danzatore fa esistere nell’arte della danza, sono parti necessarie e fondamentali di tale modalità di cura.
La Danza, oltre ad essere un’impresa consapevole, è anche un’esperienza estetica, poiché si costruisce e si confronta con gli aspetti dell’arte quali la coreografia, la composizione, il ritmo, la forma, la tensione, il peso, il tempo e lo spazio. Perfino nelle tradizioni Shamaniche e nelle danze di “Trance”, di estasi religiosa, i movimenti non sono unicamente catartici o fatti casualmente, ma hanno una forma idiosincratica ed uno schema riconoscibile. Gli Dei a cui le Danze si ispirano, hanno caratteristiche motorie, gestuali, ritmiche, riconoscibile.
Chi danza si muove partendo dalla propria realtà cinestetica ed estetica, e rispondendo ad un impulso, o ad una sensazione. Il movimento parte quindi da un’energia inconscia per poi organizzarsi in modelli specifici in diverse parti del corpo, in ritmi riconoscibili ed in forme spaziali definite.
Poiché la danza “cristallizza” le qualità del movimento, ci è utile nella comprensione di ogni tipo di movimento, anche quello quotidiano ed ordinario. Lo studio di essa può portarci ad approfondire, dal punto di vista sia funzionale che espressivo, le varie possibilità motorie dell’essere umano (Bartenieff, 1950). Di qui l’importanza di avere uno strumento di studio valido per la sperimentazione e l’osservazione obbiettiva del movimento quale è la….
Danza e cura: strumenti e metodologie
Laban Movement Analysis
Il linguaggio corporeo, nelle sue caratteristiche funzionali, espressive e poetiche, à leggibile in sé, se si ha la giusta attenzione. Ma esistono leggi e strutture intrinseche al processo motorio che come terapeuti dobbiamo imparare a conoscere e riconoscere per dare prima di tutto un “significato di movimento” a ciò che vediamo o percepiamo dispiegarsi, nel lavoro terapeutico, sia nel paziente che in noi, anche nelle sue sfumature più sottili.
Cercherò di descrivere il sistema che noi adottiamo a questo scopo, il “Laban Movement Analysis” (L.A.M.) che vedrete utilizzato in altri articoli di questo volume nell’esprimere momenti di percorsi terapeutici.
La LABAN MOVEMENT ANALYSIS è un vero e proprio sistema di esplorazione, osservazione e codificazione del movimento nelle sue forme e nelle sue qualità. Serve, nella terapia, a leggere e a comprendere le coreografie della relazione e fornisce tecniche appropriate d’intervento. Ciò favorisce anche l’espressione e la modulazione degli affetti, il divenirne consapevole e il comprenderle a livello cognitivo. Tale sistema si apprende facendone esperienza pratica, che unita alla comprensione teorica, approfondisce quelle che sono le potenzialità espressive, comunicative, estetiche e poetiche del terapeuta. Sviluppa la consapevolezza dei gesti, delle posture, degli spostamenti nello spazio, delle forme corporee, delle attitudini nei confronti della focalizzazione spaziale, del peso, delle vibrazioni del flusso, dei ritmi, degli accenti, dei fraseggi. Tale studio fa si che si apprenda a modellare e a modulare l’espressione del proprio corpo. Cosi’ si può accedere anche alle memorie che in esso abitano, si trovano toni, colori e i significati del suo modo di esprimersi, se ne comprende la forma, l’organizzazione, i modelli e gli schemi motori cosi’ come se ne accolgono, il fluire delle emozioni, i blocchi, i silenzi (Govoni, 1992). Tutto diventa parte di un vocabolario che sempre più si ampia e che permette di entrare in contatto profondo prima con se stessi e poi con l’altro e di ascoltare i messaggi del corpo che si muove o rimane immobile.
Rudolf von Laban (1887-1958) era un danzatore e coreografo che insieme ad altri avvio’ sperimentazioni, elaborò ricerche e teorie e concorse alla definizione di quel movimento culturale, vasto e complesso, che aveva come base la scoperta del corpo e che sorse nei primi decenni dell’900 con il nome di “Kôrperkultur”.
La ricerca nel movimento di Laban nasce come esigenza di formazione dell’essere umano e dell’artista, come bisogno di elevazione e di rigenerazione psicofisica. Casini Ropa (1990) definisce Laban come il formatore delle avanguardie pre-espressionistiche, erede di una linea estetica Nietzsche-Fuchs, che poneva all’origine e al centro del processo dinamico espressivo solo l’uomo nella sua totalità psicofisica e da essa soltanto faceva discendere i modi, i significati e le leggi del movimento. Il suo “uomo nuovo” traduceva in manifestazione ritmica esclusivamente i propri impulsi e i propri limiti fisiologici, emotivi e intellettuali era creatore, mezzo e norma della propria danza – espressione non mediata dell’armonia della sua vita e strumento di accordi sintonico con quella universale. Laban studia e sviluppa una sua teoria dello spazio; egli in fatti considera la direzione spaziale come elemento più importante del movimento del corpo, la cui complessità può essere riportata alle dimensioni della verticalità, orizzontalità e sagittalità. Egli distingue lo spazio in generale e lo spazio intorno al corpo che chiama “chinesfera”. Descrive poi la relazione armonica che c’è tra la struttura corporea e i suoi schemi di movimento nello spazio, ma anche la relazione tra la dinamica delle azioni e gli schemi spaziali. Il suo concetto di portata dinamica del movimento è stato ulteriormente sviluppato negli U.S.A. nella “Effort/Shape Methodology” da Irmgard Bartenieff e Warren Lamb (1969).
Tale metodologia di osservazione e di descrizione delle caratteristiche qualitative del movimento analizza gli aspetti che contribuiscono al processo motorio che sono lo spazio, il corpo, la forma e la portata dinamica e ne studia, osserva e sperimenta le correlazioni e le connessioni. L’Effort (traducibile dal tedesco con il termine “estricazione” o “portata dinamica del movimento”) è il modo in cui una persona usa la propria energia ed esprime le proprie “attitudine interne” nei confronti del flusso, del peso, del tempo e dello spazio. Questa metodologia osserva la “cristallizzazione” attiva di questi elementi. L’Effort esprime il modo in cui un essere investe la propria energia cinetica; può essere pensato come l’espressione di un impulso verso i requisiti fisici che un movimento richiede, come il modo in cui si risponde alle proprie tensioni interne e alle richieste dell’ambiente esterno.
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L’importanza del setting e del processo creativo
E’ all’interno del setting che l’esperienza di movimento acquisisce un senso. Entrando in contatto con il movimento, in una relazione significativa si cerca di favorire la costruzione di un mondo di significati condivisibili; per fare ciò è necessario mettersi in uno stato di concentrazione e di ascolto interiore, di empatia corporea e cinestetica che ci permetta di essere dentro alla danza e alle coreografie e di esserne fuori nello stesso tempo ad osservare. Sappiamo che il movimento scompare nel suo darsi, ma constatiamo anche che la memoria del movimento si diffonde nell’area che lo contiene e vi rimane incisa come traccia.
Nella Danza-Movimento Terapia non si ricerca la bellezza del gesto, ma la sua forza comunicativa; non insegue la complessità della tecnica coreografica, ma l’abbandono al momento della creazione. Attingendo alle tracce incise nella memoria del corpo, il soggetto interprete del movimento ha la possibilità di assimilare elementi che favoriscono e alimentano anche una trasformazione psichica.
Il terapeuta deve focalizzare l’attenzione sull’integrazione del processo creativo con quello terapeutico. A questo proposito vorrei citare il pensiero di Arthur Robbins (1993) quando afferma che una buona sessione di terapia contiene molte caratteristiche simili a quelle di un lavoro artistico. Entrambe condividono la molteplicità di livelli psichici ed energetici che si irradia lungo l’asse “forma-contenuto emotivo”. Questi elementi di composizione terapeutica hanno i loro principi e richiedono le giuste abilità di risposte e di interazione.
Nell’interazione tra paziente e terapeuta, idealmente c’è l’incontro di due menti che sperimentano unione e separatezza. Il compito del terapeuta è di rendere significativo lo spazio tra i due. Tale spazio può essere considerato come “transizionale” (Winnicott, 1971) nella sua natura poiché è costantemente in movimento e in cambiamento.
La creazione di un buon “holding environment” e di un senso di continuità, creato dal D.M. Terapeuta sia nel tempo che nello spazio e nella presenza accogliente e interiormente attiva di se stesso, pone le basi di una relazione di fiducia che permetterà al paziente di impegnarsi in un processo terapeutico.
Transfert
Nella Danza Movimento Terapia i fenomeni di transfert emergono nella forma del movimento o danza del paziente.
Secondo Elaine Segal (1984) ciò che fa della Danza Movimento Terapia un veicolo per intervenire a livello psichico profondo, è il fatto che può essere impiegata per ricollegarsi a memorie antiche, per dissolvere resistenze e per portare il transfert alla superficie. L’esperienza ha dimostrato che alcuni di questi fattori psichici si manifestano più prontamente e con maggiore forza nel movimento, e ciò deve essere osservato con estrema rigore.
La motilità evoluta e conscia entra in scena ad una fase evolutivamente precedente alla parola. Perciò è più vicina al momento dello sviluppo umano in cui l’unità psicobiologica è più completa. Cosi’ quando la motricità e il movimento sono le modalità principali d’intervento, naturalmente sarà più facile che emerga materiale primitivo. L’insorgere di questi fenomeni arcaici mette in circolo affetti più forti che non la parola usata da sola. Tali emozioni e sentimenti devono essere canalizzati e strutturati prontamente per essere osservati e poi integrati sia dal paziente che dal terapeuta. Proprio perché la persona sta “facendo” ed è dentro l’azione mentre sperimenta sentimenti forti, l’eccitazione può venire canalizzata e strutturata dal proprio fare e dall’autosservazione.
La cornice non verbale della comunicazione diventa un luogo dove esteriorizzare le immagini e le coreografie per potere esplorare profondamente i loro significati.
Durante questa comunicazione tra paziente e terapeuta, i canali sensori diventano organizzatori potenziali delle percezioni, sensazioni ed espressioni corporee nel processo di “prendere forma” in costante cambiamento del materiale transferale e controtrasferale. La complessità di questo materiale spesso conduce a decisioni relative all’uso di specifiche tecniche terapeutiche. Per esempio, le immagini che si formano nella mente del terapeuta, le danze immaginali e i relativi contenuti affettivi, possono rispecchiare determinate emozioni sperimentate nel passato del paziente. L’uso clinico di questi vissuti quindi diventa parte del processo di trattamento. Essi vengono indotti nel terapeuta e possono variare dalla rabbia alla disperazione, dalla dissociazione all’intrusione, dall’impotenza alla grandiosità.
La sfida creativa per il terapeuta è molto grande: da una parte egli deve essere sufficientemente aperto per accogliere dentro di sé questi complessi stati emozionali, dall’altra deve essere capace di separarsi da essi e trasformarli creativamente in specchi interni positivi dove il paziente possa vedere se stesso. Ogni terapeuta reagirà un po’ diversamente a queste induzioni e proiezioni a secondo della sua sensibilità e vulnerabilità. Infatti tale induzioni emotive sono materiale grezzo e rientrano nella categoria di quei fenomeni chiamati transfert. Consideriamo per diversi aspetti che il transfert diviene la forma d’arte o della danza del paziente. A volte tale danza o forma artistica, può essere rigida o sterile, come tentativo del paziente di mascherare un trauma personale (Rose, 1987). La danza di risposta del terapeuta, attraverso l’uso creativo del controtransfert, dovrà svelare al paziente la sua difesa mascherante e rimandargli anche le sue parti sane.
Empatia e controtransfert
L’esperienza clinica porta ad approfondire il tema dell’empatia e del controtransfert somatico. Tali concetti sono di fondamentale importanza per comprendere in maniera corretta come nella Danza-Movimento Terapia si favorisce il processo di rielaborazione di vissuti profondi, quale il rapporto tra espressività spontanea e quella codificata e come avviene il processo di consapevolezza e di simbolizzazione di eventi inconsci iscritti nel corpo quando ci si trova di fronte a stati mentali primitivi.
Patrizia Pallaro (1995) raccoglie alcuni fra i più significativi contributi teorici sul concetto di controtransfert e di empatia, sia come concetto generale che in riferimento alla Danza-Movimento Terapia. Il concetto più importante da tenere in considerazione è che il movimento corporeo viene visto come il mezzo di comunicazione più primario. Le diverse tecniche utilizzate dal danza terapeuta aiutano a migliorare la consapevolezza di sé e collegare i processi interni psichici alle emozioni e a sentimenti ed esperienze del mondo circostante. L’empatia cinestesica si rifà alla possibilità di dare forma nel corpo a stati affettivi e qualità del movimento del paziente da parte del terapeuta che utilizza nella relazione la consapevolezza cinestesica, la capacità autopercetiva e la comprensione, sentita a livello corporeo degli stati affettivi interiori del paziente (Dosamantes, Alperson, 1981).
Berger (1972) sostiene che le nostre reazioni emotive non sono solo determinate in termini di riconoscimento cinestesico, ma anche di risposta cinestesica. Noi assimiliamo ciò che percepiamo nella nostra esperienza presente nella forma di mimica cinestesica. Cosi siamo in grado di percepire un comportamento in un’azione emotiva dell’altro e immediatamente sperimentarla all’interno del nostro corpo, proprio attraverso l’empatia cinestesica. L’empatia cinestesica rende capaci di sentire e di rispondere allo stato emotivo del momento di un paziente e suggerire di prestare attenzione a quelle immagini suscitate da risposte somatiche inconscie.
Foulks (1982) suggerisce che il sintonizzarsi sull’esperienza cinestesica dell’empatia è una fonte inesauribile di insight.
Schwartz-Salant (1986) puntualizza il bisogno profondo di una partecipazione reciproca e simultanea di empatia sia psichica che somatica proprio per integrare informazioni preziosi che possono emergere dall’inconscio del paziente. L’empatia corporea è strettamente collegata al controtransfert somatico come Fielder (1989) afferma: “ l’empatia cinestesica è, più particolarmente, il processo corporeo di “prendere dentro” o di sintonizzarsi ed entrare in contatto profondo con un movimento o un’espressione del corpo del paziente. Questa esperienza corporea condivisa porta ad un riverbero simultaneo dei sentimenti collegati alla ‘sincronia’ vista come stato di empatia cinestesica. Non appena l’attenzione del terapeuta si sposta su segnali interiori e scende a livello di subconscio, inizia il processo di introspezione.
Una seconda fase di coinvolgimento è caratterizzata dall’emergere di sensazioni relativa all’esperienza corporee percepite. Poiché la Danza Terapeuta usa il proprio “corpo” per ricevere, contenere ed interpretare le esperienze sentite dal corpo del paziente è il “corpo” che diventa una camera di risonanza per reazioni transferali o difensive come le proiezioni o le scissioni. Questa seconda fase permette alle risposte di controtransfert di emergere non appena la terapeuta si apre a processi inconsci e approfondisce le proprie risorse interiori attraverso l’empatia.».
Naturalmente bisogna poter comprendere quali reazioni controtransferali sono utili per aiutare il paziente nel processo di investimento lipidico o nella fase di metabolizzazione ed integrazione di parti scisse del proprio sé, cosi come potergli rivelare le difese e resistenze, per individuare il livello di sviluppo emotivo raggiunto e suggerire eventuali esperienze di movimento che possano facilitare la crescita.
Movimento Autentico
Per chi voglia approfondire la comprensione delle risposte controtransferali la pratica della disciplina del “Movimento Autentico” può essere particolarmente utile perché focalizza l’attenzione nell’esperienza sentita a livello corporeo e di movimento sia per chi si muove che per chi osserva e provvede una cornice per la comprensione di entrambi.
Tale disciplina è una modalità attraverso la quale si possono trovare percorsi di movimento che sono di collegamento fra il conscio e l’inconscio (Haze 1993). Chi si muove attiva un processo attraverso cui, focalizzando la propria attenzione su sensazioni, sentimenti ed immagini interiori, ha modo di dare forma ad un’esperienza interna e di sentirsi, nello stesso tempo, formato da essa. Arrivando al contenuto simbolico di tale forma, l’io della persona si fortifica e si differenzia dal sè. Le sole istruzioni date dalla terapeuta al paziente sono di chiudere gli occhi per facilitare l’ascolto interiore e di aspettare l’impulso di muoversi piuttosto che produrre un movimento con la volontà. Chi osserva e fa da testimone all’evento del movimento danzato da un altro, con anni di pratica, arriva a separare la propria attività conscia da quella inconscia e a comprendere e a contenere le proprie risposte somatiche, cinestetiche, immaginali interiori come chi si muove le ha fatto emergere. La verbalizzazione di tale esperienza da parte di chi si muove e di chi osserva e testimonia spesso aiuta a chiarire l’esperienza stessa e a riorganizzarla nel tempo in una cornice significativa e a creare “un testimone-osservatore interiore” utile ad entrambi. Janet Adler (1987) vede le dinamiche delle due parti del testimone che osserva fermo e di chi si muove come inseparabilmente collegate; come parti di un processo di conoscenza dove l’esperienza dell’uno si crea e si svela attraverso l’altro. Cosi nella Danza Terapia cio’significa lavorare con una capacità empatica profonda per attivare poi una chiarezza di lettura e di interpretazioni dei movimenti utile alla maturazione e alla crescita dei pazienti e alla comprensione e al corretto uso dei controtransfert somatico del terapeuta.
J. Kestenberg: linee evolutive e movimento
Uno studio che ci aiuta ad integrare l’esperienza della Danza-Movimento con i concetti espressi precedentemente è quello compiuto da Judith Kestenberg, psicoanalista americana, che usando la Laban Movement Analysis ha letto gli aspetti motori dello sviluppo del bambino fino all’adolescenza. Basandosi sulle teorie psicologiche di Anna Freud e di Margaret Malher, ha descritto in termini di analisi del movimento la relazione tre madre e bambino da 0 a 3 anni. Ella vede gli schemi motori come segnali di comunicazione corrispondente allo stadio evolutivo del bambino, ma anche evolversi lungo una loro propria linea di sviluppo che influenza, e a sua volta è influenzata dalle strutture psichiche e di interazione.
La nozione di struttura in questo sistema di osservazione e codificazione si riferisce alla maniera in cui le modalità qualitative delle azioni e delle interazioni e le loro affinità vengono a creare un significato comunicativo ed organizzativo alle dinamiche affettive e ai tentativi di evolversi e di maturare delle persone.
Questa è una delle evoluzioni che ha avuto la Laban Movement Analysis e che è fondamentale nostra nella pratica clinica.
Kestenberg ci fornisce uno schema di riferimento che permette di comprendere ancora più approfonditamente il movimento del paziente, le sue abilità e le sue debolezze ed è una guida nella scelta degli interventi terapeutici “Kestenberg Movement Profile” (Lewis, Loman, 1990, 1995). Attraverso di esso si delineano le preferenze di movimento, il livello di funzionamento evolutivo, le aree di armonia e quelle conflittuali. Può essere usato con qualsiasi categoria diagnostica poiché le osservazioni vengono fatte su processi naturali di movimento senza dover chiedere al paziente di dover eseguire particolari movimenti specifici. È utilizzabile per comprendere l’espressione profonda del paziente. Esso viene quindi usato come strumento diagnostico, per comprendere lo sviluppo psicologico e definire piani di intervento e di trattamento.
Gli schemi motori si evolvono e cambiano durante il processo maturativi del paziente. Sequenze prevedibile di sviluppo del movimento possono essere osservate in parallelo allo sviluppo evolutivo. Quando eventi traumatici o un qualsiasi altro ostacolo impedisce il processo naturale di crescita, esperienze non adattative si immagazzinano nel corpo e si riflettono, o vengono in qualche modo espresse nel movimento corporeo.
Attraverso questo tipo di osservazione si hanno maggiori strumenti per individuare le problematiche emotive e relazionali con la quali il paziente sta lottando e sostenerlo nell’affrontarle a livello di movimento per promuovere l’espressione, una maggiore consapevolezza e la crescita.
(…)
Conclusioni
(…) Nel corso di questi anni di lavoro clinico e d’insegnamento, che per lungo tempo si è dispiegata in solitudine, pur nel confronto con colleghi lontani pero, o nello spazio, o perché professionisti di altre discipline psicoanalitiche, penso che la Danza-Movimento Terapia oggi si sia consolidata come pratica terapeutica, grazie allo sforzo di studenti diventati ormai professionisti ed al contributo di colleghi provenienti da matrici diverse.
Personalmente trovo che in questa disciplina, l’aver conosciuto attraverso il linguaggio poetico del nostro corpo il mondo interiore, le modalità espressive, le dinamiche affettive profonde che ci hanno portato a muoverci dentro e fuori di noi, ci fa scoprire la nostra unicità, ci fa avvicinare all’unicità e alla complessità dell’altro e ci fa sentire parte di un movimento cosmico molto più ampio di ciascuna individualità, di cui pero’ proprio ciascuna individualità è parte essenziale e necessaria e ne compone varietà e ricchezza, ci fa partecipi della danza profonda della vita.
“ Sembra quindi ancora una volta che si debba creare il corpo in qualche modo dall’interno. Come se con questo incontro di anima e di corpo si dovesse creare qualche cosa di nuovo la nostra consapevolezza di questa profonda sorgente ne alimenta tutte le cellule, che a loro volta sono fonte di nutrimento, di cibo psichico….” (M. Milner 1990).
In DALL’ESPRIMERE AL COMUNICARE
Quaderni di Art Therapy Italiana
A cura di Maria Belfiore e Luisa Martina Colli
Ed. PITAGORA (BO)
(1998)
21 APRILE 2014 BY BIAGIOCITAZIONEA.P.I.D., DANZA CREATIVA, DANZAMOVIMENTOTERAPIA, DMT, MOVIMENTO AUTENTICO, PSICOLOGIA APID BOLOGNA
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